Attraversare l'INFERNO: Ulisse, Dante, Orfeo e TU
Chi me lo fa fare di attraversare l'inferno? Perché dovrei passare per quelle strade terribili? Oggi un viaggio nella psicologia e nella letteratura per capirlo insieme.
Il Post di oggi è tratto dalla puntata del Podcast di Daily Cogito del 30 gennaio 2024
Dante, che nella Divina Commedia si trova alle porte dell’inferno, nel mezzo del cammin della sua vita.
Ulisse, costretto a discendere nell’Ade per interrogare lo spirito di Tiresia e scoprire il suo destino.
Orfeo, che decide di raggiungere gli inferi per riportare in superficie la povera Euridice, morsa dal serpente.
La letteratura, l’arte, la storia umana sono intrise di discese nelle camere infernali. Ma leggendo queste storie potremmo pensare: siamo spettatori, lo facciano pure loro, a me chi me lo fa fare?
E invece, dovresti riconsiderare la possibilità di attraversare l’inferno: oggi ti spiego il perché nel nostro appuntamento quotidiano di Daily Cogito.
Punti chiave del Post di oggi:
1. L’archetipo della catabasi agli Inferi
Dante, Ulisse, Orfeo: tutte figure che affrontano l’inferno per conoscersi e rinascere.
La letteratura e l’arte sono piene di discesa nelle camere infernali dell’animo umano.
2. L’inferno come simbolo di verità
Jung, attraverso il suo Libro rosso, ha attraversato il proprio inferno interiore per conoscere se stesso.
L’attraversare l’inferno simboleggia il rito di iniziazione alla maturità e all’autonomia.
3. Le anestesie moderne contro il dolore
La società moderna evita di attraversare l’inferno: Netflix, TikTok, dopamine, distrazioni infinite.
Questo rimandare porta a un’esistenza limbica, priva di profondità e autentico contatto con la realtà.
4. La scena di Ulisse
Ulisse scopre che il mondo che aveva lasciato è mutato, e questa perdita è il vero inferno.
L’attraversamento dell’inferno è un rito di passaggio che ci permette di accettare il flusso del tempo e delle trasformazioni.
5. L’Inferno dantesco
Dante, scendendo agli inferi, smaschera le le sovrastrutture, gli orpelli, i titoli e le falsità di cui ci ricopriamo durante la vita.
Ci ricorda la necessità di spogliarci di tutto per entrare in in contatto con il nostro io autentico.
6. La discesa di Orfeo
Orfeo scende all’inferno per riprendersi la propria amata: l’amore autentico richiede il coraggio di offrirsi e affrontare il dolore.
L’attraversamento dell’inferno permette di rinascere nel proprio amore, più consapevoli e liberi.
7. L’inferno come rinascita
La sofferenza, il dolore e le perdite sono parte di un ciclo che porta alla scoperta di sé e alla vera gioia.
Il vero inferno è quello che non si attraversa.
IL DAILY COGITO DI OGGI:
Carl Gustav Jung, uno psicanalista molto interessato alla simbologia, ha attraversato un inferno: il suo Libro rosso è il tentativo di attraversare l’inferno del proprio inconscio ed è un libro molto interessante per tutti i mostri e le immagini che riesce a vedere in questo viaggio terribile, fantasioso, eppure pieno di significato.
Secondo Jung, l’attraversamento dell’inferno simboleggia, in ogni cultura e in ogni epoca, il rito di iniziazione che introduce alla vita adulta. Lo chiama il processo di spoliazione, perché durante l’attraversamento vengono meno tutte quelle vestigia che la protezione materna e la protezione sociale e familiare ci hanno fornito per non soccombere alla natura: noi cresciamo protetti, cullati da una cultura che ci riempie di immagini, strumenti, parole per proteggerci e in questo modo accumuliamo una serie di elementi che poi, secondo Jung, vanno spogliati.
Infatti, attraversare l’inferno rappresenta il momento in cui l’individuo deve farsi autonomo. Il bambino va protetto dall’inferno, ma a un certo punto, quando la sua mente si sviluppa, quando diventa una creatura indipendente, quando ha un’autocoscienza, deve attraversare l’inferno per diventare autonomo. A quel punto, le maschere dell’infanzia vanno in frantumi e viene esposto l’animo dell’avventuriero, la sua verità, il suo nocciolo, quello che non ha a che fare con l’educazione, non ha a che fare con gli strumenti culturali, sociali, non ha a che fare con il linguaggio. È il grund di Meister Eckhart, è l’animo, è il pre-personale, ciò che viene prima del mio stesso nome, l’Ombra aliena che alberga dentro di noi e ci è sconosciuta e che dobbiamo affrontare.
Senza questo attraversamento, l’individuo non può conoscere se stesso e rimarrà in una dimensione limbica e terribile dell’esistenza, più terribile dell’inferno stesso.
Noi oggi viviamo un’epoca dove l’attraversamento dell’inferno è continuamente rimandato, e siamo talmente circondati da sostanze anestetiche che passiamo la vita imbambolati e zombificati davanti alle porte dell’inferno, come se Dante avesse guardato l’inferno, avesse detto: Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai fuori dalla via oscura e fosse stato fermo lì per sempre, senza intraprendere quel sentiero, per paura, per comodità, per terrore, per tanti motivi.
Il chi me lo fa fare, questa frase così terribile, così meschina, così impoverente, trova la corrispondenza in tutti quegli elementi anestetici che ogni giorno invadono il nostro campo e ci permettono di distrarci: ci distraggono proprio dall’addentrarci in quel sentiero. Abbiamo Netflix che ci racconta un sacco di storie e che ci lega in modo dipendente a serie tv che divoriamo senza soluzione di continuità. Abbiamo l’intrattenimento eterno, l’Infinite Jest di David Foster Wallace, in cui sempre abbiamo la speranza e i comportamenti che ci fanno apparire più fighi, più belli, più intelligenti, più bravi. Abbiamo le dopamine che ormai vengono stimolate continuamente, abbiamo i TikTok compulsivi, lo scrolling che occupa il nostro sguardo; in questo modo noi stiamo davanti alle porte dell’inferno, con lo sguardo incollato allo schermo e così non facciamo un passo in avanti. Perché attraversare l’inferno quando qui in superficie ho tutto questo ben di Dio?
Questo è un ragionamento che ci sta facendo molto male, perché ci relega in quello stato limbico di chi non vuole affrontare l’inferno. E allora proviamo a chiederci: ma perché Ulisse, Dante, Orfeo attraversano l’inferno? Mi viene in mente Aragorn, per esempio, che, quando va a recuperare l’esercito dei morti, fa una discesa all’inferno; ovviamente possiamo citare anche il Faust, o Gulliver, sono tantissime le storie che ci raccontano di una discesa all’inferno: eppure noi non lo vogliamo fare, anche quando stimiamo queste storie: ma perché costoro sono scesi all’inferno?
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